mercoledì 27 febbraio 2013

Il governo del popolo

- Papà cosa vuol dire "votare"? -
- Vuol dire che dobbiamo andare a scegliere chi ci governerà -
- E cosa vuol dire "governare"? -
- Che dobbiamo scegliere le persone che decideranno quali leggi ci dovranno essere nel nostro paese perché tutti si possa stare meglio -
- ...??? -
- Dobbiamo scegliere alcune persone che al posto nostro dovranno pensare a come far funzionare gli ospedali, le scuole... -
- ...??? -


Spiegare ad una bambina di 6 anni cosa significa andare a votare non è semplice.
E non solo perché il suo livello di comprensione non è così astratto, ma soprattutto perché spiegarlo è tutt'altro che semplice.
 
Ormai da giorni non si parla di altro che di politica.
Chi ha vinto. Chi non ha vinto. Chi ha perso. Chi non ha perso. Chi si alleerà con chi. Chi non si alleerà con chi.
E io continuo ad ascoltare questi discorsi con in testa la domanda della mia bambina.
"Cosa vuol dire votare?"
Forse ho preferito il giorno in cui mi ha chiesto come nascevano i bambini... era una spiegazione certamente più facile. Almeno per me.
 
E poi leggo i commenti e le riflessioni, i post, i blog, i social network, i quotidiani, gli opinionisti... ognuno dice la sua.
Chi rivendica, chi è pro, chi è contro...
Ma la domanda in testa è sempre la stessa.
"Cosa vuol dire votare?"
 
La consapevolezza - forse - su cosa significhi votare l'ho acquisita oggi, leggendo uno "scambio di idee" su facebook tra due persone (entrambe intelligenti) che avevano evidentemente votato due parti diverse.
Ognuna cercava di convincere l'altra della bontà delle sue idee.
E a me è sembrata la metafora di ciò che accadrà in Parlamento: due opposte (forse nemmeno tanto, se solo se lo spiegassero vicendevolmente) fazioni che cercano di imporre la propria visione del mondo. Una strada che non portava a nulla perché mancava - a mio modesto parere - il livello fondamentale di comunicazione: quello che io dico/penso deve essere mediato da quello che l'altro (altro da me) dice/pensa.
Questa secondo me è il concetto di "rappresentatività popolare": nessuno ha avuto sufficienti voti da poter rivendicare di rappresentare tutto il popolo elettore (o almeno il 50% + 1 che in democrazia significa maggioranza). Ed occorre allora ri-conoscere l'altro come diverso da me ma - come me - chiamato a farsi portavoce di qualcuno.
Ogni persona eletta al Parlamento è stata scelta da una parte del Popolo Italiano come colui che deve amplificare i suoi bisogni. Ma il Popolo Italiano è uno, uno solo. E il Parlamento, il Governo hanno il compito (il dovere) di lavorare per il benessere e l'interesse comune.
Non vedo altre vie se non quella di trovare "il giusto mezzo" che rappresenti tutti, dove "tutti" devono sapere che la loro idea non potrà mai essere condivisa al 100%, che dovrà comprendere anche le idee altrui e i bisogni altrui.
Questo deve essere il "governo dello stato".
La Politica (quella con la P maiuscola) dovrebbe ricordare a sè stessa che è al servizio del Popolo, sforzandosi di superare gli individualismi (o le idee di parte) per il Bene Comune.
 
Se così fosse sarebbe più semplice (almeno per me) spiegare a mia figlia il senso del voto: scegliere delle persone che saranno in grado di mettere insieme i bisogni di tutti e trovare un modo per soddisfarli tutti. I nostri e quelli differenti da noi.
 
Perché nella teoria sistemica la somma di più elementi è un elemento differente da tutti, che li comprende e li supera.

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