lunedì 10 settembre 2012

Consulenza pedagogica da parcheggio

Ore 9: arrivo al micronido, apprestandomi ad entrare, e trovo una mamma in lacrime fuori dal cancello. Naturalmente mi avvicino e le chiedo cosa sia successo. Ha accompagnato la sua bambina, l'ha lasciata alle educatrici che ancora piangeva e si è "appostata" fuori dalla finestra per sentire per quanto tempo sua figlia sarebbe stata inconsolabile.
Al mio arrivo la bimba ha già smesso di piangere, la madre no.
La rassicuro ricordandole che la sua piccola ha fatto due mesi di vacanza godendosi mamma e papà e quindi il rientro al nido è difficoltoso, in più è lunedì mattina e ha riassaporato una relazione esclusiva con i suoi genitori per tutto il fine settimana...  Poi le racconto degli ultimi tre anni in cui ho accompagnato la mia bambina alla scuola materna (non al nido! quindi parlo di una bimba più grande della sua) e di come ogni mattina mi salutasse con gli occhi gonfi di lacrime perché "voglio stare con il mio papà...".
Finalmente si tranquillizza, mi racconta di come sia dura per lei lasciare tutte le mattine la sua cucciola per andare a lavorare... ecco il vero nocciolo della questione! E glielo rimando: a volte siamo noi adulti che facciamo più fatica a rielaborare il distacco, a digerire il nostro "senso di colpa" per quello che consideriamo un abbandono innaturale.
Non so se sia stato il mio intervento o il fatto che avessi in mano un martello (non certo come strumento educativo... spesso a noi educatori tocca fare di tutto!) ma la mamma in questione mi ha salutato e se n'è andata (credo) più serena di quando l'ho incontrata.
La consulenza pedagogica (così come gli interventi educativi) a volte arriva in modo inaspettato, senza il tempo di ragionare o di progettare. Si presenta una situazione e bisogna affrontarla, al meglio, soppesando ogni parola e avendo ben chiaro l'obiettivo.
Sono gli strumenti che abbiamo dentro di noi (personali e acquisiti con gli anni di studio e di esperienza lavorativa) che ci aiutano e ci sostengono in questi momenti.
Il lavoro dell'educatore e del pedagogista è spesso immediato, lascia poco spazio alla riflessione e poco tempo alla progettazione, si "pensa in presenza di azione" in modo contemporaneo. Non operiamo in una sorta di laboratorio dove il tempo per il pensiero e l'elaborazione sono precedenti all'azione.
Il pensiero e la progettazione sono però delle componenti fondamentali ed occorre quindi effettuarle in precedenza, consapevoli che poi l'intervento potrà subire delle modificazioni in itinere che non avevamo preventivato, valutato.
Occorre flessibilità, elasticità e prontezza di pensiero.
Ma probabilmente questo è uno degli aspetti più stimolanti di questa professione.
Almeno per me.

2 commenti:

  1. mi ritrovo fortemente in questo blog e grazie di aver condiviso con noi questa problematica. Io è da qualche tempo che sto pensando di proporre un progetto nelle scuole della mia zona che veda l'inserimento di uno sportello educatore ( simile a quello dello psicologo x intenderci). Vorrei che questa figura sia a disposione per fronteggiare situazioni di disagio, per aiutare a fare una buona accoglienza specialmente dell'alunno disabile in classe, di aiuto agli insegnanti che spesso e volentieri oltre ad essere impreparati pedagogicamente sono anche poco dotati di sensibilità. Ma anche una figura per i ragazzi. SOgno?:)

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  2. non è un sogno, o almeno non dovrebbe esserlo. ritengo che la figura dell'educatore e del pedagogista siano fondamentali nella scuola che è - come dicevo - un'agenzia educativa! purtroppo i fondi sono sempre pochi e l'attenzione alla problematica (se possibile) ancora meno dei fondi. però credo che dovremmo tutti impegnarci in questo obiettivo: partendo dal piccolo, dalla scuola in cui lavoriamo, aiutando le istituzioni a trovare anche fondi per questi progetti.
    insieme si vince, tutti!

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