lunedì 13 agosto 2012

Il parchetto: un microcosmo sociale?


Andare al parco giochi è una grande esperienza educativa.
Bisogna - ovviamente - tenere gli occhi ben aperti. Altrimenti il parco giochi sembra un normale luogo in cui giocano dei bambini accompagnati dagli adulti.
Ma se si cerca di carpire i segreti dell'essere umano è un luogo ricco. Ricchissimo.
Basta osservare come i bambini si muovono, quali relazioni intrecciano (o quanti rimangono solitari), come si comportano, che capacità motorie hanno, quali e quante regole sono in grado di rispettare...
Da ciò si possono dedurre le linee educative, quanto gli adulti insegnano (o no) ai loro pupilli, che priorità danno.
Ma ancora più interessante è osservare gli adulti che frequentano il parchetto.
Perché da questo si può imparare come cambia la società.
Mamme, papà, nonne, nonni, italiani, stranieri... Un mondo di adulti variegato.
Di mamme ce ne sono di diversi modelli: giovani e inesperte (poche per la verità, dato che ormai i figli si fanno in tarda età), impacciate, attente, svampite, ansiose, rigorose, lassiste.
Per la verità la maggior parte delle mamme che vedo sono più concentrate a parlare con le amiche (o con chi le accompagna) piuttosto che guardare i loro bambini. Una boccata d'aria dalle fatiche quotidiane dell'educatore o una costante del loro ruolo? La risposta spesso sta nei figli: se i bambini si mostrano autonomi e sicuri sembra che normalmente vivano senza particolari attenzioni; se si muovono con circospezione e cercano con lo sguardo la madre forse sono abituati alle loro attenzioni. 
E le nonne? Si possono suddividere in due grandi gruppi: le nonne "anziane" che normalmente stanno sedute sulla panchina con il loro ventaglio in costante sorveglianza dei fanciulli e le nonne "del terzo millennio" sempre in piedi e con il cellulare che squilla. Quali differenze? Le "anziane" sono più ansiose, sembrano non abituate a gestire i nipoti, stanno all'interno del loro ruolo. Quelle "del terzo millennio" sembrano a proprio agio in quel luogo, sono spigliate, si destreggiano in ogni situazione in cui i bambini si vanno a cacciare. Insomma: più che delle nonne sembrano delle mamme, e si perdono ciò che - secondo me - è il bello di quel ruolo, ovvero viziare i propri nipoti e non sentirsi troppo responsabili dei loro processi educativi.
E i papà? Di padri se ne vedono sempre pochi! Certamente i più nel pieno del pomeriggio saranno a lavorare... Ma forse qualcuno non ha voglia di andare al parchetto con il proprio cucciolo? O ritengono di non essere in grado di gestirli da soli? Oppure questa svalutazione viene da qualcun altro?
I papà presenti, però, hanno tutti una caratteristica in comune: se la godono! Giocano con i loro figli!
Perché ritornano bambini o semplicemente perché sanno di avere poco tempo da condividere con i loro figli e non vogliono sprecarlo?
Senza dubbio i pensieri e le osservazioni che si possono fare in un parchetto sono ipotetiche (anche se verosimili) ma tutte da verificare.
Non credo nell'assolutezza di ciò che vedo ma sono certo che in un contesto come quello del parco giochi si può esercitare la propria capacità osservativa e diventa quindi una buona lezione di pedagogia.
Quante storie e quante identità si incontrano...


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