sabato 21 marzo 2015

L'educatore [dis]umano

Il sabato mattina è uno dei momenti più faticosi della  mia settimana professionale. 
Non solo ho sulle spalle il carico emotivo dei cinque giorni trascorsi nel mondo dei servizi per l'infanzia e degli interventi educativi scolastici e domiciliari ma devo anche affrontare una situazione già di per sé molto complessa.

Da solo affronto un sistema familiare molto complicato inserito in un contesto sociale ancora più "variegato". 
Riassumendo: i più completi manuali pedagogici che narrano i sistemi multiproblematici uniti alle peggio complessità familiari in stile Beautiful. Conditi con una manciata di disabilità e psicopatologia q.b.
In poche parole: disagio allo stato puro.


Di situazioni come questa (purtroppo) è pieno il mondo e noi educatori non possiamo fare altro che affrontarle.

Due frasi - però - oggi mi hanno umanamente segnato.

"Mamma, ho il lavoretto per la festa del papà. Tu hai un papà per me?"

"Alessandro io non ho fatto niente di male. Mio figlio l'ho solo abbandonato."

Non so...
Forse perché è sabato mattina ed ho sulle spalle un'intera settimana...
Forse perché sto invecchiando e (si sa!) gli anziani hanno una sensibilità particolare...
Forse perché sono reduce della (mia personalissima) festa del papà...
Forse perché seguo questo ragazzino da quando era un bambino...

Sta di fatto che, a dispetto dei miei 22 anni di anzianità di servizio, oggi ne sono uscito con le ossa un po' rotte.
Mi sono chiesto come si possa continuare ad essere professionali davanti ad esternazioni del genere perché - in entrambe le situazioni - avrei solo voluto mettermi ad urlare (e forse uccidere qualcuno!).

Da qui la riflessione: quanto il lato umano di un educatore è risorsa e quanto è limite? Quali sono i lati [dis]umani dell'educazione?

Poi, per fortuna, una telefonata salvifica. "Papà tra quanto arrivi a casa? Io e mamma ti stiamo aspettando..."